Per capire meglio la connessione tra psicologia e lavoro, come poter stare bene in ufficio, come vivere meglio la propria professione, parliamo con il dott. Paolo Lanciani, psicologo del lavoro e socio fondatore dello studio De Micheli Lanciani Motta.
“Una persona che sta bene lavora meglio, una persona che lavora bene sta meglio”
“Quello che succede spesso in azienda è che si fraintenda la richiesta di risultati, interpretandola come una richiesta di quantità di sforzo. Si fa coincidere il merito con lo sforzo: ‘Mi sono sforzato tanto allora sono stato bravo. Non ho fatto fatica allora non sono stato bravo’. Una distorsione che tende ad infilarci in circoli viziosi. Non riesco e quindi insisto e insisto. E’ il fenomeno del burnout, ovvero il consumo: non ho più le energie di andare avanti”
“Quando sto male, la prima cosa che mi succede è che vado in ansia, mi preoccupo. Quando sono preoccupato, mi si stringe la visione e valuto solo se le cose le posso fare o non le posso fare, se guarirò o non guarirò. Ragiono per alternative dicotomiche: sì o no, bianco o nero. E’ molto difficile trovare una soluzione perché è una situazione complessa. Arrivo a pensare ‘lascio il lavoro o non lascio il lavoro?’. Piuttosto che dire ‘come posso riorganizzare la mia vita lavorativa, quella privata, negoziare degli aspetti. Come possiamo ridisegnare la situazione? Di cosa ho bisogno?’
Bisogna riprendere quel minimo di lucidità per passare dal ‘sì o no’ al ‘come fare”
“Esiste un giusto equilibrio tra apatia e stress negativo. In quel giusto equilibrio si trova la sfera di massima efficacia personale.
L’arte della leadership consiste nel riuscire ad attivare e motivare la persona, senza però scollinare e scendere in termini di performance. Il top manager deve distinguere il metro di valutazione che usa su sé stesso da quello che usano sulle persone che guidano. Bisogna essere in ascolto, creare un’alleanza. Nel momento in cui c’è un dialogo, in cui il tema non è se hai fatto bene o male, se sei riuscito o meno, ma invece il ‘come sei riuscito ad arrivarci’ cambia totalmente l’approccio, l’assetto”
“Se osservo in sé e per sé un’attività che non ha significato, mi demotivo, mi alieno e mi rendo apatico. La prima cosa è mettere la propria attività in prospettiva e capire perché la mia attività non solo contribuisce ma è indispensabile al successo di tutta l’azienda. In secondo luogo non c’è solo la mia attività, ma ci sono io che la interpreto. E dove c’è il mio tocco personale, il mio metodo? Nel modo in cui gestisco le eccezioni. Il vero valore dell’essere umano sarà espresso dal gestire situazioni critiche, eccezionali. Ad esempio la mia capacità di ricevere il prima possibile una risposta dal collega, o di far avere pazienza al mio cliente. La mia capacità relazionale”
“Vivere il lavoro positivamente è possibile.
L’inconveniente è l’opportunità di dimostrare il proprio valore”.