Il work engagement è uno stato mentale positivo e propositivo dei lavoratori a cui ogni azienda ambisce. Da quando si è cominciato a dare importanza all’aspetto psicologico dei collaboratori, gli esperti hanno trovato nel ‘work engagement’ quello status, quella soddisfazione e quella dedizione nei confronti del lavoro che permette ai dipendenti di essere maggiormente motivati e quindi più produttivi.
Negli anni sono stati fatti studi e analisi riguardo il work engagement
e la sua efficacia. Dati che confermano quanto un atteggiamento positivo possa migliorare il business dell’impresa.
LA DEFINIZIONE
La prima definizione di work engagement fu data nel 1990 da William A. Kahn, professore all’Università di Boston: “Harnessing of organization members selves to their work roles” e cioè “imbrigliamento dei membri di un’organizzazione nel proprio ruolo lavorativo”. In sostanza viene individuata l’attitudine a ‘sentire’ il proprio lavoro, a volerne essere coinvolto e parte attiva, abnegazione che però non deve essere confusa con ‘dipendenza’. In quel caso infatti si passerebbe al ‘workaholism’, una situazione psicologica negativa e controproducente. In seguito, poi, si arrivò ad una definizione ufficiale di work engagement: “Stato mentale positivo e di soddisfazione nei confronti del proprio lavoro caratterizzato da vigore, dedizione e immersione” (Schaufeli, Salanova, Gonzalez-Romá, & Bakker, 2002).
I tre aspetti chiave (vigore, dedizione e immersione) vengono misurati dalla Ultrecht Work Engagement Scale (UWES) che è disponibile in venti lingue e in versione anche semplificata dedicata agli studenti; il vigore è l’alto livello di energia e resilienza mentale verso il lavoro, la volontà di investire sforzi nel lavoro e la persistenza quando si incontrano difficoltà; la dedizione è la volontà di essere coinvolti nell’attività lavorativa, con orgoglio ed entusiasmo; l’immersione, infine, è la concentrazione e l’assorbimento verso ciò che si sta facendo durante l’attività lavorativa.
COME RAGGIUNGERLO
Raggiungere lo status mentale del Work engagement non è semplice, è un lungo percorso di analisi, di lavoro su se stessi e sul proprio atteggiamento. Serve una disponibilità del lavoratore a svolgere la propria attività con passione e una propensione dell’azienda e dei manager al coinvolgimento di tutti i collaboratori. Esistono infatti due variabili: le risorse lavorative e le risorse personali.
Per risorse lavorative si intende il supporto di colleghi e superiori, la possibilità di ricevere feedback e controllo del proprio lavoro, oltre all’organizzazione di corsi di formazione da parte dell’impresa permettendo il continuo apprendimento. In questo modo il lavoratore avrà la sensazione e la consapevolezza che l’azienda voglia investire sulla sua figura e sulla sua professionalità. Un rapporto di fiducia reciproca che è alla base della abnegazione, atteggiamento principale per raggiungere il Work engagement.
Le risorse personali sono gli atteggiamenti di predisposizione verso il lavoro che deve avere il singolo dipendente: ottimismo, resilienza, estroversione e stabilità emotiva. Aspetti che riprendono quella che è la ‘Piramide dei bisogni di Maslow’.
Nel 1954 lo psicologo Abraham Maslow propose un modello motivazionale dello sviluppo umano basato su una “gerarchia di bisogni”.
Alla base della piramide ci sono i bisogni essenziali alla sopravvivenza mentre salendo verso il vertice si incontrano i bisogni più immateriali. Al di là dei bisogni fisiologici (bere, dormire, mangiare…), di sicurezza (occupazionale, morale, di salute e familiare), di appartenenza (amicizia, affetti), sono i bisogni di autorealizzazione a fare la differenza per il work engagement e cioè l’aspirazione individuale a essere ciò che si vuole essere sfruttando le nostre facoltà mentali e fisiche.