Aziende e Covid, lo stato di salute delle imprese italiane e le previsioni sul futuro

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Fiducia e positività: sono i sentimenti che governano la maggior parte degli imprenditori che, con coraggio e tenacia, hanno affrontato le conseguenze del Covid, la peggiore crisi dal dopoguerra ad oggi. È quanto emerge dal Secondo Osservatorio Imprese e Covid, realizzato da Ipsos nel marzo scorso, a sei mesi di distanza dal primo studio. Una valutazione necessaria per comprendere come le imprese italiane si stiano approcciando all’evoluzione pandemica e come l’economia affronterà i prossimi mesi.

CLIMA DI FIDUCIA

Nonostante i momenti di sconforto, che immaginiamo abbiano colpito soprattutto alcuni settori, il 61% degli intervistati guarda con fiducia al futuro. Nelle difficoltà, infatti, possono essere scovate nuove opportunità. Il Covid ha velocizzato il processo di digitalizzazione e molte aziende hanno lanciato nuovi prodotti e servizi, contribuendo ad innovare il mercato. È il momento, infatti, di innovare la propria offerta e la ‘nuova stagione’, secondo gli intervistati, sarà fortemente orientata al sostenibile.

LO STATO DI SALUTE DELLE AZIENDE

I tempi per tornare alla normalità sono sicuramente dilatati. Le aziende comprendono che le difficoltà avranno un orizzonte temporale più lungo. Il 56% degli intervistati, quindi la maggioranza, afferma che ci vorranno dai 18 mesi ai due anni e oltre per tornare alla normalità. È vero anche, però, che la ‘gestione della cassa’ appare più rosea rispetto al 2020. Per il 22% non ci sarà più un periodo difficile e calano di 20 punti – rispetto al precedente Osservatorio – le aziende che prevedono di avere problemi nei prossimi sei mesi. “Le aziende – si legge nello studio Ipsos – danno un giudizio vicino al 7,2 alla propria condizione economica, leggermente in salita rispetto alla rilevazione del 2020”. Resta un’attenzione ai costi ma aumenta anche la tentazione all’investimento, sale del 21% la risposta di coloro che annunciano di puntare su tecnologia e digitalizzazione dei servizi e sistemi di produzione.

RIPRESA E CAMBIAMENTO

Molte aziende affermano di essere pronte a lanciare sul mercato nuovi prodotti bloccati con l’arrivo della pandemia. È giunto il momento, infatti, della ripresa. Il Covid-19 ha stravolto l’economia ma ha anche obbligato tutti a rivalutare le proprie attività, pur restando consapevoli dei valori di base della impresa. Il boom dell’e-commerce ha avuto numeri importanti ma il 40% degli intervistati afferma di non farne uso. Si sperimentano dunque nuove vie, nuove forme di commercializzazione ma nel rispetto del target e delle tradizioni aziendali.

IL RUOLO DI RILIEVO DEI MANAGER

La nuova sfida per le imprese sarà generare engagement e l’attivismo dei manager e dei vertici aziendali sui social avrà un forte impatto su questo aspetto, soprattutto in questo particolare periodo storico. “Il 32% delle imprese intervistate afferma di aver già avviato attività specifiche di personal branding rivolte ai manager aziendali”.

RESTANO LE DIFFICOLTÀ

La fotografia dello stato di salute delle aziende è invece preoccupante secondo quanto emerge da una analisi Istat Rapporto sulla competitività dei settori produttivi. Il 45% delle imprese con almeno tre addetti, rappresentative del 20,6% dell’occupazione è a “rischio strutturale” e se esposte ad una violenta crisi “subirebbero conseguenze tali da mettere a repentaglio l’operatività”. Solo 11% è solido e genera il 46,3% dell’occupazione e il 68,8% del valore aggiunto totali.

“La crisi pandemica – spiega l’Istat – ha inciso anche sulle strategie di finanziamento delle imprese che, per fronteggiare la crisi di liquidità, hanno utilizzato un insieme ampio di strumenti nell’ambito dei quali il credito bancario ha rivestito un ruolo centrale. In generale, sulla base delle indicazioni fornite dalle imprese per il 2021, le modifiche ai canali di finanziamento indotte dalla pandemia appaiono transitorie e legate per lo più alle conseguenze economiche dell’emergenza sanitaria. L’insolvenza di molte imprese, che costituisce il principale rischio nei mesi a venire per il sistema produttivo italiano, aumenta l’esposizione del sistema bancario a possibili trasmissioni dello shock dal segmento non finanziario, implicando possibili tensioni sia sui bilanci delle banche, sia sui rapporti banca-impresa”.