Ne parliamo con Laura Verdi, architetto e progettista.
Lo sviluppo dello smartworking è stata una scelta obbligata legata all’emergenza Covid-19 e al lockdown che ha fermato l’Italia intera. Ci sono aziende, però, che estenderanno il lavoro da ben oltre la fine del periodo d’emergenza fissata per il 31 luglio. Enel, per esempio, ha già annunciato che lo smartworking durerà fino a Natale. In Amazon fino a ottobre. In Fastweb fino a settembre. Twitter, Google e Microsoft potrebbero farlo per sempre.
A cosa è legata questa scelta?
“Lo smartworking necessita di persone responsabili. E’ uno strumento di responsabilizzazione che permette al datore di lavoro di scegliere il giusto dipendente. Il dipendente, lavorando da casa, deve essere ricettivo e diventa a tutti gli effetti un collaboratore. La scelta di queste grande aziende di prolungare il lavoro delocalizzato è dovuta in parte a questo momento tragico e inaspettato e quindi a esigenze di sicurezza, e in parte a situazioni di tipo economiche”.
– Perché con lo smartworking si riducono i costi….
“Certamente c’è una riduzione di costi, soprattutto per quanto riguarda la mobilità. Il dispendio economico necessario al raggiungimento della sede aziendale è spesso a carico dell’impresa che dà un rimborso economico al dipendente. Le realtà che hanno migliaia di dipendenti avranno chiaramente un risparmio consistente. Oltretutto strade e città non sono intasate dal traffico. Il tempo impiegato in coda, ogni mattina, per raggiungere l’ufficio, porta a un accumulo di nervosismo. Lo smartworking incrementa il benessere delle persone”.
– Ma quindi gli uffici cesseranno davvero d’esistere?
“Gli uffici non smetteranno mai di esistere. Ma devono essere ripensati. Il lavoro non può essere svolto solamente in modalità smartworking, né, come una volta, solo in ufficio in sede. Ma ci deve essere una riconsiderazione dello spazio ufficio. Non è detto, d’altra parte, che quanto facevamo prima fosse corretto, tutti ammassati in un ufficio per otto ore di lavoro fisse”.
– Quali sono i pro e i contro dello smartworking?
“Uno dei ‘pro’ dello smartworking è la possibilità di poter gestire gli orari di lavoro, soprattutto per quanto riguarda i liberi professionisti. Mentre per dipendenti, che hanno bisogno di risposte immediate da parte di colleghi e collaboratori, è necessario avere un orario di lavoro comune a tutti. In generale, però, lo smartworking responsabilizza il lavoratore. C’è chi dice possa creare disgregazione ma non credo sia vero. La tecnologia permette di aggregarsi anche a distanza”.
– Il modo di lavorare è già necessariamente cambiato…
“Sì, lo è. Molte persone nella propria abitazione non hanno uno spazio adeguato dove poter lavorare. Nelle ultime settimane ho notato un incremento delle offerte di arredo finalizzato alla creazione di uno ‘spazio lavoro’ nella residenza. Non c’è più una netta separazione tra workplace e residenza. La residenza diventa spazio di lavoro, lo spazio di lavoro diventa residenza”.
– Ma in questo modo i diritti dei lavoratori possono essere rispettati?
“Come in tutte le cose è necessario avere logica e buon senso”.
– Molti uffici sono strutturati in open space. E’ ancora una scelta fattibile per le aziende?
“Certo. Poter mantenere il distanziamento sociale non è impossibile in spazi open space. Postazioni troppo vicine complicano il lavoro, un distacco tra i collaboratori invece renderà l’ufficio più vivibile e produttivo. Viene da chiedersi in realtà perché non lo abbiamo fatto prima. L’errore è a monte, non sono le restrizioni che derivano dall’emergenza Covid a essere sbagliate. Le norme di distanziamento nell’ambiente di lavoro ci devono far riflettere rispetto a come avevamo vissuto in precedenza. Ora ci stiamo avvicinando a una situazione che potrebbe migliorare il benessere delle persone e permettere di lavorare meglio. L’open space non andrà a morire, ma questi spazi devono essere ripensati con ‘isole’ più private dove potersi concentrare meglio. L’ambiente deve essere il più flessibile possibile”
– Quali innovazioni tecnologiche e strutturali possono permettere di cambiare la fruizione degli uffici così da renderli accessibili anche in questo momento?
“L’innovazione tecnologica sta facendo passi da gigante. Ci si sta orientando sul ‘no touch’, perché devo inquinare il meno possibile, toccare il meno possibile le superfici condivise”.
– E il co-working, invece, è una realtà ancora percorribile?
“Assolutamente sì, a prenotazione. Questo stato delle cose permette davvero di capire l’effettivo utilizzo degli spazi di lavoro. Non è detto che un’azienda, che magari ha 3000 mq di spazio ne abbia effettivamente bisogno. Ci sono tantissimi spazi non utilizzati che possono essere ripensati, rivenduti, riconvertiti. E magari quella stessa azienda si rende conto di avere bisogno di solo 1000 mq”.
– In Italia deve cambiare la concezione del lavoro stesso – così ancora legato alla presenza in sede – e degli spazi a esso dedicati?
“Siamo rimasti un po’ indietro in Italia, soprattutto a causa di una prevalenza della Piccola Media Impresa, magari familiare, che preferisce controllare il lavoratore. Ma un dipendente intelligente e responsabile può lavorare ovunque. Il mio ufficio è il mondo. Un bravo manager deve saper fare formazione ai propri collaboratori che lavoreranno a distanza”.
– Come saranno gli uffici del domani?
“Col senno di poi, capendo gli errori degli uffici attuali, seguendo la tendenza e il trend-ufficio, si farà attenzione all’aumento del confort. Ci si orienterà sul design biofilico, con la presenza di piante negli ambienti di lavoro che interagiscono con l’umore e sullo spirito delle persone, ci si focalizzerà sulle profumazioni mentre si lavora già molto con le neuroscienze. Chiaramente poi, la tendenza è quella di utilizzare materiali e superfici che siano facilmente igienizzabili. Ci sarà un grandissimo intervento della tecnologia e della automazione, cercheremo di utilizzare il meno possibile le mani per aprire, chiudere porte o controllare la climatizzazione. Si potrà anche programmare tutto tramite app del telefonino, così che il singolo lavoratore possa toccare il proprio device senza contaminare altre superfici”.
– Ci sono aziende che si stanno orientando a questi cambiamenti?
“Ci sono grandi studi di progettazione che si stanno orientando verso soluzioni più attente all’uomo. Alessandro Adamo, direttore di DEGW e partner di Lombardini22, leader nella progettazione di spazi workplace, ha lavorato moltissimo in questo periodo perché non si è fermata la progettazione degli uffici. Le aziende stanno tutte guardando avanti. Agire è stata la cosa migliore da fare per affrontare questo momento. Gli studi di architettura hanno subito pensato a soluzioni. In primis studiando i flussi di entrata e uscita delle persone, per affrontare al meglio la fase del rientro in ufficio, e poi per capire le modalità per affrontare nuovi progetti. Soluzioni che fanno ripensare gli spazi in funzione dell’uomo”.